Mi stavo preparando da qualche settimana.
Andavo al mercato per comprare porri dolci, spinaci ricchi di ferro, qualche fungo che ai farmer’s market del sabato mattina ad Amsterdam, vengono venduti in banchi che sembrano disegnati tanto sono belli. Come ogni inizio di primavera, si iniziavano a trovare fave e piselli freschi, che amo mangiare tanto quanto sgranare con le mani.
A dirla tutta, per tanto tempo, non sono stata una fan dei piselli, li associavo a quelle mini palline raggrinzite di un colore tendente al marroncino che servivano alla mensa della scuola elementare. L’odore si propagava per i corridoi simile a quello di zuppa cucinata troppo.
Ho scoperto invece, in anni più recenti, che i piselli possono essere croccanti e cremosi allo stesso tempo, di un verde brillante e sapore fresco - perché risultino così, scottateli in acqua bollente salata per un minuto, due al massimo, scolateli e immergeteli in acqua ghiacciata, manterranno una consistenza da mordere e un colore brillante, quello che si dice verde pisello! -. Da quel momento in poi li ho adorati!
Stavo dicendo.
Mi stavo preparando da qualche settimana.
Acquistavo verdure al mercato, le lavavo, le porzionavo e le distribuivo in piccoli sacchetti da freezer per riporle poi in congelatore.
Compravo frutta secca, mandorle, nocciole, datteri, uvetta, legumi di veloce cottura, lenticchie rosse e verdi, cereali, riso, miglio, quinoa.
Avevo acquistato un pollo ruspante da una fattoria fuori città, 36 euro, che sono convinta sia il prezzo degno di un animale allevato libero e nutrito da essere vivente, ucciso per essere cibo altrui, mangiato con parsimonia. Lo sezionai, suddivisi le parti, incluse le interiora in sacchetti separati, li riposi anch’essi in freezer. Con quel che rimaneva feci un brodo aggiungendo una carota, una cipolla tagliata a metà, un limone già spremuto, un angolino di zenzero.
Il brodo va fatto sobbollire dolcemente, va schiumato quando monta e va fatto insaporire lentamente. Ci vuole pazienza, ma in fondo basta solo lasciarlo andare.
Avevo anche chiesto alla stessa fattoria se avessero delle ossa.
So che mi sono addentrata in un terreno minato sollevando questo argomento, ma il brodo d’ossa o più comunemente detto in inglese bone booth, è considerato, in tantissime culture, un superfood: ricco di sali minerali, di nutrienti, di collagene, ferro, ricco di proteine, si dice apporti grandi benefici al sistema digestivo, ai muscoli, alle ossa e giochi un ruolo importante nel ribilanciare un organismo affaticato.
Comprai due kg di ossa, che sembrano tanti, ma sono in realtà una decina di pezzi, li ho immersi in acqua fredda, posti sul fuoco e lasciati cucinare, sempre a fuoco basso, per qualche ora. Poi il brodo viene filtrato e conservato in bottiglie sottovuoto per qualche settimana.
Così ho fatto anche in quei pomeriggi di inizio aprile.
Fuori si alternavano giorni di pioggia e momenti in cui il sole, facendo capolino, scaldava la città e dava quelle farfalle nella pancia che solo l’inizio della primavera sa dare. Ad Amsterdam nei primi giorni di sole la città impazzisce letteralmente. Le terrazze dei caffè si allargano all’improvviso ed esplodono di lucertole cattura vitamina D. I parchi sono un trionfo di verde e gente, si annusano nell’aria i primi bbq, grande trend dei parchi nord europei. Si ha l’impressione che nessuno stia lavorando, come se un’intera città si fosse presa ferie per non perdere quel sole prezioso e tanto atteso.
Nelle mie infinite giornate deambulavo principalmente nel mio quartiere, tra il mercato e un caffè.No non stavo preparando un evento, né tantomeno un grande pranzo di primavera mi stavo preparando al mio secondo parto.
Anche questa seconda volta, avevamo deciso di non conoscere il genere, ci era piaciuto così tanto dividere nel pensiero il prima e il dopo di conoscere chi sarebbe stato, che avevamo deciso di fare nuovamente così. In un certo senso ci sembrava di dare più peso alle cose che contano veramente, il fatto che fosse in salute, che tutto andasse bene, che sembra scontato dire, ma non lo è affatto.
E così nell’impaziente e immobile attesa, che solo le ultime settimane di gravidanza possono dare, io cucinavo.
Cucinavo per me, per prendermi cura di quello che, essendo la seconda volta, sapevo con certezza sarebbe stato un corpo affaticato, stremato possibilmente, in balia delle emozioni e bisognoso di cure e attenzioni. Non solo il corpo, per la verità, anche l’anima e il cuore avrebbero giovato di quei pasti pronti, di quei brodi caldi.
Ho letto varie cose su come varie culture affrontano i primi giorni post parto e mi sono lasciata molto affascinare da quella forma di cura e conforto che il cibo può dare, molto lontana, non me ne vogliate, da del sushi d’asporto o una busta di crudo affettato. Quelli sono sfizi, certo, chi sono io per dire di non soddisfarli, ci mancherebbe! Ma la cura, il cibo che si fa medicina, che riempie, scalda, lenisce e ridona forza, quella, è un’altra cosa.
Succede, quando si mette al mondo un figlio, un qualcosa di magico e terrificante allo stesso tempo: una madre diventa lei stessa nutrimento per la nuova creatura nata. Un corpo che produce cibo, cura costante e imprescindibile. E succede però altrettanto di dimenticarsi che quello stesso corpo, provato e stanco, ha bisogno di altrettante attenzioni e nutrimenti. Io non volevo dimenticarmene, e così mi preparavo, immaginando di cosa avrei avuto bisogno, cosa mi avrebbe fatto stare bene.
Riempirsi la pancia è la sensazione più ancestrale di amore. Certo la cura passa per vari livelli e aspetti ma una ciotola di zuppa calda è l’immagine più vicina all’idea di riempire un contenitore vuoto.
Nella medicina orientale nel vuoto si dice passi il vento, che porta freddo e questa condizione va contrastata con cose calde: un ambiente accogliente, vestiti confortevoli, gesti gentili e cibo rassicurante.
Gli organi in una gravidanza, perdono il loro posto, vengono schiacciati dal bimbo che cresce, la digestione è rallentata e più debole del normale. Quando il bimbo lascia il corpo della madre, rimane un vuoto nel ventre, che ci metterà qualche tempo prima di riempirsi, quando finalmente tutti gli organi troveranno nuovamente il loro posto. E allora serve cibo caldo e confortante, avvolgente e buono. Servono ingredienti ricchi di ferro per ricostruire l’apporto sanguigno, proteine per dare energia e supportare la tempesta ormonale, grassi acidi per arricchire il latte materno, vitamine e antiossidanti per riparare i tessuti.
Certo la voglia di un’insalata o di un gelato può essere soddisfatta ma bisogna ricordare che il freddo ristagna e rallenta la circolazione sanguigna e di conseguenza il processo di restringimento addominale tipico di questa fase delicata.
Del resto le coccole sono senza alcun dubbio un pensiero caldo e avvolgente, pensateci.
Mi stavo preparando ad un evento grande in realtà, ad una festa meravigliosa.
Purtroppo ho notato che in Italia la narrativa sul parto sia principalmente negativa, perchè ahimè la cura della donna passa in secondo piano di fronte all’attenzione che viene data a quel corpo che porta in grembo un bambino o una bambina. Probabilmente non c’è cosa più sbagliata del non dare sicurezza, certezze e attenzioni ad una persona che sta andando incontro ad un evento di una potenza unica e sconvolgente nel vero senso della parola.
Ho avuto la grande fortuna di vivere nel futuro per po’, sono stata una neofita che mai si era interessata all’argomento fino a quando non mi ci sono trovata dentro. Sono stata accompagnata in un percorso che dal primo giorno mi ha messa al centro, anzi ci ha messi al centro e in nessun passaggio di quel viaggio si è messo in discussione che i due genitori (qualunque essi fossero) fossero separati dal ricevere informazioni, cure, assistenza. Se si decide di farlo in due, è un viaggio che si fa in due, dall’inizio alla fine. Prima, durante e soprattutto dopo. Mi è stata data la possibilità di scegliere come e dove volevo partorire, con che modalità, se e eventualmente con quale antidolorifico.
Io ho deciso sarei andata al birth center che consiste in alcune stanze singole esattamente all’altro capo del corridoio del reparto maternità. Sono più accoglienti di una sala parto, vieni accompagnata da una delle ostetriche che ti ha seguito durante la gravidanza e in caso di necessità o assistenza medica si viene trasferite in reparto.
Avevo imparato la prima volta che le aspettative possono essere disattese e che bisogna essere pronte a seguire il corso di quello che accade che a volte è imprevedibile; avevo quindi espresso questo desiderio sapendo che poi sarebbe potuta andare diversamente.
Erano le 18:30, stavo giocando con Galileo quando mi si sono rotte le acque. Le contrazioni sono partite poco dopo. Ho chiamato la mia ostetrica mentre aspettavo che Luca tornasse dal supermercato e che mio papà venisse a prendere Galileo. Tra una contrazione e l’altra ho smontato il lettino da campeggio, preparato una borsina per Galileo che sarebbe andato con i miei genitori nella casa di un amico, nella zona est di Amsterdam. Si sono ravvicinate velocemente, ho richiamato l’ostetrica che ci aspettava già al birth center dove avevo deciso di partorire. Mentre attraversavamo la città in taxi, un tramonto pazzesco incendiava i palazzi lungo l’Ij, il canale più grande di Amsterdam.
Ci siamo stretti forte la mano.
Eravamo felici ed emozionati.
Quando siamo arrivati la stanza era pronta per noi, accogliente, con le luci soffuse e qualche candela accesa. In bagno la vasca piena di acqua.
Olimpia è nata in 4 ore e mezza, a mezzanotte e trenta del 14 aprile 2023 nell’intimità di quella stanza dove eravamo solo io luca e l’ostetrica. È uscita in una spinta sola.
“It’s a girl” hanno detto e il mio cuore è esploso di gioia.
Siamo stati lì abbracciati per un tempo indefinito, con quell’euforia che solo un momento così ti regala.
Siamo andati a casa qualche ora dopo, lì ci avrebbe raggiunti una puericultrice che ci avrebbe seguiti per i primi giorni post parto. Mi sono nutrita di brodi con verdure e noodles, quelli che mio ero preparata, di porridge con miele e frutta al mattino, golden milk, un te chai con schiuma di latte, cannella, zenzero e curcuma, che ti scalda e avvolge come un abbraccio accogliente.
Mi ero costruita il mio comfort food per quei primi giorni che sapeva tanto dell’amore che mi ero concessa di dedicarmi prima del suo arrivo.
Questa favola me la voglio incidere nella memoria, con l’augurio che possa essere, un giorno, solo una delle tantissime favole di nascita anche nel nostro paese, che una donna possa tornare a casa serena, dopo un parto andato bene, con il supporto necessario ad un momento così e che trovi quel comfort (non solo food) di cui si ha assoluto bisogno in un momento tanto fragile, delicato e meraviglioso.
Olimpia è arrivata esattamente un anno fa, quando scoppiava la primavera, eppure mi sembra sia stata sempre parte di noi. Ha portato una gioia incontenibile, un casino pazzesco, tanta fatica e una serie infinita di cambiamenti. Ma questa è un’altra storia.
Buon compleanno Olimpia dal sorriso grande.
Ti insegnerò a prenderti cura di te stessa, che credo sia uno degli atti d’amore più preziosi che ognuno di noi possa farsi.
A presto,
Valentina
Preparavo gli gnocchi e intanto ascoltavo la tua lettera, mi sono commossa 💕 Grazie
Che bella storia, Valentina....ricca di 🥰 😘