Eppure, guardandomi indietro, il cibo ha sempre avuto un peso molto importante negli episodi della mia vita, per una che non doveva averci niente a che fare. Badiamo bene, non credo particolarmente nell’idea del destino scritto, piuttosto credo ad interessi personali, a volte così radicati o prepotenti da spingerci verso una strada.
Ecco, io una relazione particolare con il cibo ce l’ho avuta fin da subito.
Non che sia iniziata in modo semplice, mi raccontano che lo svezzamento fu in salita, anzi, a detta di mia mamma un incubo vero e proprio; tremavano all’avvicinarsi dell’orario dei pasti perché non mangiavo nulla. Con il punto vista di madre che ho ora, posso immaginare la frustrazione totale che dovesse procurare alla mia di mamma, alla quale peraltro, non piace particolarmente cucinare, inventarsi ogni giorno qualcosa di diverso da propormi e vederselo, puntualmente rifiutare. Ci fu un caro amico di famiglia, pediatra, che di fronte all’imminente vacanza comune in Bretagna, disse ai miei genitori, non vi preoccupate ci penso io. Si dovette però arrendere anche lui di fronte all’evidenza che nemmeno le cotolette impanate, che a detta sua nessun bambino avrebbe mai rifiutato, furono risolutive.
Ci tengo a sottolineare che l’approccio educativo degli anni 80 fece si che presentarono alla sottoscritta, la suddetta bistecca panata a colazione, a pranzo e a cena; chissà a che tipo di svezzamento si allinea questa pratica!
Mi piaceva il latte, ecco, e il pane, come biasimarmi.
Finché fu mia nonna Irma a scoprire, chissà poi come, che mi piaceva l’aceto e da quel momento, a suon di marinature durante la notte, iniziai a mangiare. Immergeva nell’aceto praticamente tutto, cavolfiori, barbabietole rosse, bistecche di manzo, e poi asparagi, fagioli, pomodori e via dicendo. Ho sempre adorato gli spuntini a base di cetriolini sottaceto, o le asprissime caramelle al limone che la mia prozia Renata mi metteva in tasca quando andavo a trovarla al panificio del paese, con l’ebbrezza che mi dava saper di essere una cliente, in un certo senso, privilegiata.
Ecco, il primo gusto che associo alla mia infanzia, oltre a latte Nesquik e tarallucci, è proprio quello acido e forse già da qui, direte voi, una vaga idea che la strada non sarebbe stata lineare, ce la si sarebbe dovuta fare. Ma tant’è.
Noto con curiosità e un misto di orgoglioso stupore che anche mio figlio Galileo sembra avere la stessa propensione, mangia senza batter ciglio, fette di limone con tanto di scorza, è ghiotto di giardiniera e ruba steli di radicchio abbondantemente conditi con aceto. Cerco di tenere a bada le domande sullo sviluppo futuro di questa sua inclinazione.
In realtà sono acide molte più pietanze di quelle che immaginiamo: è acido il pane a lievitazione naturale, sono acidi i formaggi, lo yogurt, i pomodori, il rabarbaro, le ciliegie e via dicendo. Tutti i cibi fermentati, dei quali assistiamo ultimamente ad un grande ritorno, sono acidi perché attivano un naturale processo di mutazione chimica, che trasforma gli zuccheri in acidi, appunto.
Ci sono diversi livelli di acidità che in termini tecnici si misurano attraverso la scala del ph: una soluzione è neutra con ph uguale a 7 (l’acqua per esempio), acida con ph inferiore a 7. Per fare qualche esempio, senza entrare nelle differenze di maturazione e varietà per quanto riguarda la frutta, di tipologia per quanto riguarda l’aceto. il succo di limone ha un ph pari a 2, l’arancia un ph di 4, l’aceto ph3. Ma mi sono dilungata fin troppo in questioni che per tant* risulteranno noiose.
Torniamo da dove sono partita: i cibi acidi sono e sono sempre stati un mio comfort food. Forse dovrei, a questo punto, avvertire i fanatici del dolce, che questa newsletter da qui in avanti non è per voi. Anzi potrebbe già aver iniziato a provocarvi quella salivazione agli angoli profondi della lingua che anche solo pensare ad una pietanza acida provoca.
Se invece state continuando la lettura, vi immagino parte del mio acido fan club e vi voglio svelare un segreto: ho scoperto, da qualche anno ormai e più volte testato, tanto da farmelo affermare con certezza, che le cipolle marinate, non solo hanno un colore meraviglioso, ma sono capaci di migliorare quasi tutto. Le aggiungo alle insalate, alle verdure bollite, nelle piadine, nei legumi, anche nel riso.
Ho visto e continuo a trovare svariate ricette e modalità di preparazione di queste cipolle; perfino tra i miei colleghi in cucina era una continua disputa su chi avesse il metodo migliore. Non voglio peccare di arroganza, non è cosa da me, ma credo che le mie cipolle marinate siano davvero spaziali!
Premessa importante, il modo in cui affettate la cipolla influirà sulla sua buona riuscita: tagliatela a metà per il lungo, quindi privatela di entrambe le estremità. A questo punto affettatela in senso perpendicolare agli anelli, in uno spessore di circa due millimetri. Mettetela in una ciotola e copritela con mezzo bicchiere di aceto di vino rosso, due cucchiai di olio extravergine di oliva e un cucchiaino di sale. Mescolate di tanto in tanto e lasciatela così per circa 20 minuti, anche 30 non guastano. A questo punto la vostra cipolla sarà pronta!
Forse ho esagerato nell’affermare che le cipolle marinate possano migliorare quasi tutto - mi raccomando non aggiungetele alla pasta al pesto, i miei cari amici liguri potrebbero non rivolgermi mai più la parola, scherzo ovviamente-, anche se, forse non sapete che aggiungere una nota acida alle pietanze, anche le più insospettabili, ne migliorerà il sapore. Provate a spremere qualche goccia di succo di limone mentre mantecate un risotto, per esempio, non ne noterete la presenza all’assaggio, ma equilibrerà il piatto e ne esalterà i sapori. Cosi vale per uno stufato di lenticchie, delle verdure al forno e perfino un arrosto!
L’acido ha la rara capacità di dividere e creare armonia: se usato con misura riesce a far emergere la personalità di ogni singolo ingrediente di una ricetta; ecco il perché della fettina di limone nel gin tonic, una cucchiata di panna acida in una vellutata di zucca, il pluri celebrato velo di aceto balsamico sulle fragole.
L’acido bilancia i grassi, il sale e la dolcezza, esalta i sapori e modifica la consistenza e la struttura delle proteine. Il pesce crudo in una ceviche diventa tenero grazie all’azione del lime che rompe i legami proteici e “cuoce” la carne senza calore.
L’acidità crea contrasto, equilibrio, varietà, vivacità, piacere, in una sola parola.
Ho liberamente “rubato queste parole da un libro in cui mi sono imbattuta un po’ di tempo fa, che farà illuminare i fanatici come me: Acido/il gusto magico che trasformerà la vostra cucina di Mark Diacono, edizione italiana EDT.
Per il matrimonio di un carissimo amico che da anni vive in Messico, ho avuto la fortuna di passare più di un mese girovagando per il paese: Yucatan, Chiapas, Oaxaca, la costa del Pacifico, Città del Messico. Oltre ad essere meraviglioso, pieno di esuberanza e colore dalle architetture, all’artigianato, è la patria del sapore acido per eccellenza. Le proprietà acidificanti di alcuni prodotti sono usate con maestria, dalla cottura, alla marinatura fino alla guarnizione finale. All’inizio potresti esserne sopraffatto ma poi ti lasci trasportare e ne diventi assolutamente dipendente. Credo di averci messo un bel po’ a smettere di spremere lime su ogni pietanza che mi mettevo nel piatto.
Il bellissimo e frizzante documentario di Samin Nosrat Salt, Fat, Acid, Heat, tratto dall’omonimo libro, lo racconta benissimo. Recuperatelo se non l’avete ancora visto, lo trovate su Netflix. La versione italiana del libro è Sale, grassi, acidi, calore. I quattro elementi della buona cucina, Samin Nosrat, di Guido Tommasi Editore, con la prefazione di Michael Pollan.
Chissà se la predisposizione ad un sapore porti con se anche qualche nota del carattere di una persona, non ho mai approfondito in modo accurato la questione. Eppure in questi giorni, in cui dopo vani tentennamenti ho aperto partita iva italiana (dopo anni in Olanda in cui mi sembrava di stare nel paradiso dei solopreneur), richiudendo per disperazione i quotidiani nazionali e con l’8 marzo e tutta la sua stucchevole retorica alle porte, non me la sono sentita di partire con il dolce e ho sentito una pulsione viscerale per questa nota acida.
A presto, Valentina
Foto credit Laura Spinelli
Grazie. Adoro leggerti e seguirti.
Io come te, adoro l' acido piuttosto che il dolce e sono anche d'accordo con tutto quello che dici...ah, ho sempre un vasetto di cipolle acide in frigo😂